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Colapietro & Partners Studio Legale


Fallimento Dimaiolines s.r.l.


Crac Dimaiolines, chiuse le indagini.

E gli armatori già sognano il «colpo di spugna» In otto a rischio processo. I proprietari della compagnia di navigazione pronti a patteggiare le pene   Condividi di ALBERTO DORTUCCI TORRE DEL GRECO - Non c’è solo il caso del trasferimento a Roma dell’inchiesta per il fallimento della Deiulemar a surriscaldare l’estate all’ombra del Vesuvio. A 24 ore dalla decisione del tribunale del Riesame di Napoli di «girare» per incompetenza territoriale – accogliendo l’obiezione sollevata dalla difesa di Angelo Della Gatta e Pasquale Della Gatta, rappresentata dall’avvocato Alfonso Stile – il fascicolo relativo al colosso economico di via Tironi alla corte d’appello della capitale e a quattro mesi dai primi arresti «eccellenti» eseguiti dalla guardia di finanza, la procura di Torre Annunziata scrive la parola fine alle indagini sul crac della Dimaiolines. E gli armatori finiti dietro le sbarre del carcere con l’accusa di bancarotta fraudolenta per il buco da 40 milioni di euro che ha inguaiato circa 800 risparmiatori già pensano al «colpo di spugna» per saldare i conti con la giustizia.  Alla vigilia della sospensione feriale d’agosto, il pubblico ministero Sergio Raimondi ha completato le indagini sulla compagnia di navigazione guidata da Carlo Di Maio insieme alla sorella Angela Di Maio e al cugino Angelo Di Maio, aprendo la strada al processo per gli otto destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata a marzo dal gip Giovanni De Angelis: insieme ai tre armatori – fino a metà luglio detenuti rispettivamente a Poggioreale, Pozzuoli e Velletri prima di strappare il beneficio degli arresti domiciliari – rischiano di finire alla sbarra Angelo Pica – ex assessore comunale e presidente del collegio dei sindaci della compagnia di navigazione – i due consulenti Alfredo Ibello e Concettina De Felice, il «factotum» Massimo Balzano e l’imprenditrice svizzera Anna Maria Ballinari, a oggi latitante.  Un rischio-processo che i tre armatori, secondo le prime indiscrezioni, vorrebbero scongiurare attraverso il patteggiamento diretto della condanna: una strategia difensiva per strappare – alla luce della «collaborazione» dimostrata durante gli interrogatori finali, utile a ricostruire i «canali di investimento» all’estero non solo della Dimaiolines ma pure della Deiulemar – un corposo sconto della pena prevista per la bancarotta fraudolenta.      Al momento, si tratta di una semplice ipotesi che dovrebbe essere formalizzata a settembre. D’altronde, i titolari della compagnia di navigazione con sede in viale dei Pini hanno già sostanzialmente ammesso – proprio durante i tre «faccia a faccia» conclusi con la concessione degli arresti domiciliari – gli addebiti contestati dalla procura di Torre Annunziata, specificando di «avere agito in assoluta buona fede» sulla scorta di consigli e suggerimenti «da parte di super-esperti, qualificati in materia». Insomma, secondo la tesi dei tre indagati «eccellenti» dell’inchiesta per il fallimento della Dimaiolines, non ci sarebbe stata la volontà di truffare gli obbligazionisti bensì la convinzione che tutte le operazioni finanziarie messe in campo sarebbero servite per risollevare le sorti della compagnia di navigazione. «Anche perché - avrebbero spiegato i titolari della Dimaiolines, tutti assistiti dall’avvocato Romeo Del Giudice - eravamo certi che i finanziamenti dei risparmiatori fossero assimilabili a prestiti personali e non fossero, invece, una raccolta del risparmio per la compagnia di navigazione». Una sorta di confessione anticipata che dovrebbe, appunto, fare da preludio alla richiesta di patteggiamento della pena. Restano da definire, invece, le scelte difensive di Angelo Pica – assistito dall’avvocato Salvatore Lepre – e dei restanti indagati ora a rischio processo.


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